Resistenza alla Vitamina D: Quando il Tuo Corpo Non Ascolta il Messaggio Giusto
- Dott. Federica Cavallini

- Nov 11
- 4 min read
Hai mai avuto la sensazione che gli integratori che prendi “non facciano effetto”?Succede spesso con la vitamina D: la prendi regolarmente, i valori nel sangue risultano perfetti, eppure ti senti ancora stanca, infiammata, con dolori articolari o con la tua malattia autoimmune che non migliora.
La verità è che, in alcuni casi, il problema non è la carenza di vitamina D, ma la resistenza ad essa.In altre parole, la vitamina D è nel tuo sangue, ma le cellule non riescono a usarla bene.È come avere la chiave giusta, ma una serratura che non si apre.

Quando la Vitamina D Non Funziona Come Dovrebbe
La vitamina D è molto più di una “vitamina”: è un ormone steroideo che dialoga con quasi tutte le cellule del corpo, in particolare quelle del sistema immunitario.Per farlo, si lega a un recettore chiamato VDR (Vitamin D Receptor), che si trova all’interno delle cellule.Quando tutto funziona, la vitamina D attiva il VDR, e questo “accende” o “spegne” centinaia di geni, modulando l’infiammazione, la risposta immunitaria, la produzione di peptidi antimicrobici e persino l’espressione genica attraverso meccanismi epigenetici.
Ma quando il recettore è bloccato o poco sensibile, la vitamina D non riesce più a trasmettere i suoi messaggi.È come se il corpo diventasse “sordo” alla sua presenza.
Come Capire se Sei Resistente alla Vitamina D
Uno dei segnali più chiari è dato dal paratormone (PTH).In condizioni normali, quando i livelli di vitamina D sono adeguati, il PTH si abbassa perché l’organismo percepisce una buona disponibilità di calcio e non deve “attivarsi” per aumentarla.
Se però la vitamina D nel sangue è alta — diciamo sopra i 40 ng/ml — ma il PTH rimane elevato, significa che le cellule non stanno rispondendo alla vitamina D come dovrebbero.È un po’ come se il corpo continuasse a chiedere “più luce”, anche se la lampadina è già accesa.
Da Dove Nasce la Resistenza alla Vitamina D?
La resistenza alla vitamina D non è una malattia, ma una condizione multifattoriale che può dipendere da diversi fattori genetici e ambientali.Vediamoli insieme.
1. Fattori genetici
Alcune persone nascono con piccole varianti (chiamate polimorfismi) nei geni che controllano la produzione, il metabolismo e l’azione della vitamina D.Queste varianti non causano sintomi diretti, ma possono ridurre l’efficacia del recettore della vitamina D o degli enzimi che la attivano.
Per esempio:
Mutazioni nel gene VDR possono ridurre la sensibilità delle cellule alla vitamina D;
Alterazioni nei geni CYP2R1, CYP27B1 o CYP24A1 possono influire sui processi di attivazione e degradazione della vitamina;
Varianti del gene RORA, invece, interferiscono con il controllo immunitario legato alle cellule infiammatorie Th17.
Risultato?Anche con buoni livelli nel sangue, la vitamina D “lavora” meno.
2. Infezioni croniche e blocco del recettore
Molti patogeni, per sopravvivere, imparano a bloccare il sistema immunitario in modo selettivo.Alcuni virus e batteri — come Epstein-Barr, Borrelia o Citomegalovirus — riescono a inibire direttamente il VDR, impedendo alla vitamina D di svolgere la sua funzione regolatrice.
È un meccanismo di evasione immunitaria raffinato: se il VDR non funziona, il sistema immunitario perde una parte del suo controllo, e l’infiammazione può diventare cronica.
3. Stress cronico e cortisolo
Il cortisolo, l’ormone dello stress, è un altro grande “nemico” della vitamina D.Livelli elevati di cortisolo, tipici dello stress cronico, riducano l’espressione del VDR e aumentano la degradazione della vitamina D attiva.
In pratica, lo stress “brucia” la vitamina D più velocemente e ne riduce l’efficacia biologica.Ecco perché, in molte persone, il riposo, la gestione dello stress e il sonno profondo sono altrettanto importanti quanto l’integrazione.
4. Stile di vita, età e tossine
Con l’età, la pelle perde fino al 75% della capacità di produrre vitamina D al sole.Anche il fegato e i reni, che servono per attivarla, diventano meno efficienti.A ciò si aggiungono l’inquinamento, l’uso eccessivo di filtri solari, una dieta povera di nutrienti cofattori (come magnesio e vitamina K2) e l’esposizione limitata alla luce naturale.Tutti elementi che riducono la biodisponibilità della vitamina D o ne ostacolano la funzione.
Le Conseguenze sul Sistema Immunitario
Il VDR è espresso in quasi tutte le cellule del sistema immunitario: linfociti, macrofagi, neutrofili, cellule dendritiche.Quando il suo segnale si indebolisce, il sistema immunitario perde equilibrio.
Le cellule pro-infiammatorie si attivano troppo.
Le cellule regolatorie (che spengono l’infiammazione) lavorano poco.
Si altera il meccanismo di riconoscimento del “sé” e del “non sé”.
Risultato: maggiore infiammazione, maggiore autoimmunità, maggiore suscettibilità a infezioni croniche.Non a caso, bassi livelli di attività del VDR sono stati associati a sclerosi multipla, tiroiditi autoimmuni, psoriasi, vitiligine, artrite reumatoide e molte altre patologie infiammatorie croniche.
Come Migliorare la Risposta alla Vitamina D
Ecco alcuni principi chiave che possono aiutare a ripristinare la sensibilità cellulare alla vitamina D:
Misura sempre insieme vitamina D e PTH: non basta sapere quanto ne hai nel sangue, conta come il corpo la usa.
Esporsi al sole ogni giorno, almeno 15-20 minuti su braccia e gambe, senza filtri, nelle ore sicure.
Sostieni i cofattori: magnesio, vitamina K2, zinco e grassi buoni sono fondamentali per la sua attivazione.
Gestisci lo stress: il cortisolo cronicamente alto è un potente “antagonista” del VDR.
Cura l’intestino: il microbiota influisce sull’assorbimento e sull’attivazione della vitamina D.
Indaga eventuali infezioni croniche (come EBV o Borrelia) con l’aiuto di un medico esperto.
Rivedi i farmaci: alcuni (come cortisonici e anticonvulsivanti) possono aumentare la degradazione della vitamina D.
In Sintesi
La resistenza alla vitamina D non è una condanna, ma un invito a guardare il corpo con uno sguardo più ampio.Non sempre serve “più dose”: spesso serve più comprensione.Capire perché la vitamina D non agisce come dovrebbe significa affrontare i veri ostacoli — genetici, ambientali o ormonali — che impediscono alle cellule di rispondere.
E quando la vitamina D torna a “parlare” con le tue cellule, anche il sistema immunitario comincia a risentire la sua voce calmante.



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