top of page

Lactobacillus plantarum e Psoriasi: le Nanovescicole Batteriche Come Nuova Frontiera Terapeutica

Le nanovescicole derivate da Lactobacillus plantarum riducono infiammazione e stress ossidativo nei modelli di psoriasi. Una nuova via terapeutica che nasce dal microbiota e rivoluziona l’approccio alla cura della pelle.

Chi si occupa di psoriasi sa bene quanto sia complessa: non è solo una questione di pelle, ma di sistema immunitario, infiammazione e – sempre di più – microbiota intestinale.Negli ultimi anni abbiamo imparato che l’intestino e la pelle dialogano costantemente, e che uno squilibrio del microbiota può accendere o spegnere l’infiammazione cutanea.

Ma la ricerca sta andando oltre: non si parla più solo di “batteri buoni” da assumere, ma di componenti bioattivi derivati da quei batteri, capaci di agire come veri e propri messaggeri terapeutici.E uno studio pubblicato su Frontiers in Immunology lo dimostra in modo sorprendente: le nanovescicole di membranaprodotte da Lactobacillus plantarum riescono a migliorare significativamente la psoriasi, almeno nei modelli preclinici.



ree

Un nuovo modo di guardare al microbiota

L’asse intestino-pelle non è più un’ipotesi affascinante: è una realtà biologica.La psoriasi colpisce circa il 2–3% della popolazione mondiale e, oltre alla predisposizione genetica, oggi sappiamo che il microbiota intestinale ha un ruolo chiave nel mantenere o rompere l’equilibrio immunitario.

Analizzando i dati di metagenomica di pazienti con diverse malattie infiammatorie cutanee – psoriasi, dermatite atopica, acne ed eczema – i ricercatori hanno notato un dato ricorrente:il genere Lactobacillus è sempre ridotto.

Questo significa che alcuni di questi batteri, tra cui Lactobacillus plantarum, potrebbero avere una funzione protettiva nei confronti della pelle.Ma come sfruttare questo vantaggio senza ricorrere a batteri vivi?


Dalle cellule batteriche alle nanovescicole

I ricercatori hanno isolato da Lactobacillus plantarum diverse frazioni bioattive, tra cui le cosiddette CMVsCytoplasmic Membrane Vesicles – piccolissime vescicole lipidiche che i batteri rilasciano naturalmente.Immaginale come minuscoli pacchetti che trasportano proteine, lipidi e metaboliti bioattivi, veri e propri messaggi biologici che possono modulare il comportamento delle cellule del nostro organismo.

Ed è proprio qui che arriva la scoperta più interessante: queste nanovescicole non solo sono sicure, ma riescono a spegnere i meccanismi infiammatori tipici della psoriasi.


Cosa accade nelle cellule infiammate

Quando le CMVs sono state testate su macrofagi, cellule immunitarie fondamentali nell’infiammazione psoriasica, si è osservato un effetto molto chiaro:i livelli di citochine pro-infiammatorie come TNF-α, IL-6 e IL-1β si abbassano nettamente.

Inoltre, i macrofagi – che possono comportarsi come “accenditori” (M1) o “calmanti” (M2) dell’infiammazione – vengono spinti verso un fenotipo meno infiammatorio, riducendo così la risposta eccessiva del sistema immunitario.

Anche sui cheratinociti, le cellule principali dell’epidermide, le nanovescicole mostrano un’azione interessante: diminuiscono la produzione di specie reattive dell’ossigeno (ROS) e limitano la proliferazione eccessiva che causa l’ispessimento tipico delle placche psoriasiche.


Il segreto è nell’anandamide

Per capire cosa rendesse così speciali queste vescicole, i ricercatori hanno analizzato il loro contenuto metabolico.Tra decine di molecole, una in particolare ha attirato l’attenzione: l’anandamide (AEA), un cannabinoide endogeno che il nostro corpo produce naturalmente.

L’anandamide, non a caso chiamata “molecola della beatitudine”, si lega ai recettori cannabinoidi CB1 e CB2 e ha effetti antinfiammatori e antiossidanti ben documentati.Quando è stata testata da sola, ha riprodotto molti degli effetti benefici delle CMVs: riduzione delle citochine, dello stress ossidativo e della risposta M1 dei macrofagi.


Dalla provetta agli animali: risultati sorprendenti

La prova decisiva è arrivata dal modello animale.Nei topi trattati con una crema a base di imiquimod – che induce una dermatite simile alla psoriasi – la somministrazione orale di CMVs ha portato a un miglioramento clinico visibile: meno rossore, meno squame, pelle più sottile e sana.

Il PASI score, il parametro usato anche nei pazienti umani per misurare la gravità della psoriasi, si è ridotto del 50%rispetto ai controlli.Un risultato paragonabile, per efficacia, a quello ottenuto con il desametasone, un cortisonico potente, ma senza gli effetti collaterali del farmaco.

Anche le analisi istologiche hanno confermato il quadro: meno infiammazione, meno proliferazione, meno infiltrato immunitario.E soprattutto: nessun segno di tossicità o alterazioni sistemiche.


Perché è una scoperta così importante

Quello che rende questa ricerca davvero innovativa è il concetto di “terapia cell-free”.Non servono più batteri vivi – che possono essere instabili o difficili da formulare – ma solo le loro vescicole bioattive, facilmente conservabili, dosabili e sicure.

Le CMVs agiscono su più livelli contemporaneamente:riducendo l’infiammazione, modulando il sistema immunitario e contrastando lo stress ossidativo.E lo fanno con molecole naturali, già riconosciute dal nostro organismo.

Si apre così la strada a una nuova forma di medicina di precisione del microbioma:anziché somministrare probiotici “a caso”, potremo in futuro identificare le specie e i metaboliti più utili, estrarli e utilizzarli come veri e propri farmaci biologici naturali.


Cosa potrebbe significare per chi ha la psoriasi

È importante sottolinearlo: siamo ancora in una fase preclinica.Serviranno studi sull’uomo per confermare sicurezza, biodisponibilità ed efficacia.

Ma la direzione è chiara.Le nanovescicole batteriche potrebbero diventare in futuro:

  • una terapia naturale per le forme lievi e moderate di psoriasi,

  • un supporto alle terapie convenzionali,

  • o un’alternativa per chi non tollera i trattamenti farmacologici.

E poiché la riduzione di Lactobacillus è stata osservata anche in altre malattie infiammatorie cutanee come dermatite atopica, acne ed eczema, l’applicazione potrebbe essere ancora più ampia.


Un cambio di paradigma

Questo studio conferma una cosa che chi lavora in ottica funzionale intuisce da tempo:l’intestino e la pelle non sono due mondi separati.Il microbiota non è solo un insieme di microrganismi che “abitano” il corpo, ma un ecosistema attivo che comunica, regola e protegge.

Sfruttare le sue molecole per fini terapeutici significa passare da una medicina che sopprime i sintomi a una medicina che dialoga con la biologia del corpo.E forse il futuro della dermatologia passerà proprio da qui: dalle vescicole invisibili dei batteri, capaci di calmare un sistema immunitario troppo acceso.


Uno sguardo avanti

Serviranno anni di studi per tradurre tutto questo in pratica clinica, ma la strada è tracciata.La bellezza di questa scoperta sta nella sua semplicità: usare ciò che la natura già produce per riportare equilibrio dove c’è infiammazione.

Forse, un giorno, curare la psoriasi potrebbe significare non più “combattere” il sistema immunitario, ma riconciliarlocon il suo equilibrio originario.

E in questa riconciliazione, il microbiota – e le sue minuscole vescicole – potrebbero avere un ruolo da protagonisti.

 
 
 

Comments


STUDIO MEDICO

bottom of page